E’ tempo di adottare lo Spring Model in Fisioterapia?
Un nuovo modo di valutare, trattare e gestire gli infortuni dell'arto inferiore

SPRING MODEL
La Leg Stiffness è definita come la resistenza dell’arto (incorporando tutte le articolazioni) ad un cambio di lunghezza [1]. Per questo l’arto inferiore viene paragonato ad una molla che ripetutamente segue lo Stretch-Shortening cycle (SSC) durante le nostre attività quotidiane e sportive. L’SSC è un fenomeno associate alla locomozione umana e descrive la funzione muscolare nella quale una pre-attivata unità muscolotendinea si allunga e poi si accorcia repentinamente [2].
In altre parole, la stiffness è il rapporto tra la deformazione di un oggetto in risposta ad una forza applicata. Da un punto di vista biomeccanico, l’ottimale performance nel correre e saltare richiede un appropriato livello di stiffness dell’arto inferiore in modo da assorbire le ground reaction forces (GRFs), di immagazzinare e rilasciare energia elastica [1, 3].
Sembra che il corpo umano sia dotato di una strategia protettiva che riduce la GRF e/o il loading rate (LR) quando i muscoli si affaticano così da proteggere il corpo da possibili infortuni [4]. Una variazione sub-ottimale di questo meccanismo, come un’ alta differenza bilaterale della leg stiffness, è stata dimostrata essere correlata ad una più probabile incidenza di infortuni dei tessuti molli in giocatori di football Australiano [5].
Quindi, potrebbe apparire piuttosto intuitivo che un basso livello di stiffness può portare ad una aumentata “deformazione” dell’arto inferiore che spesso riscontriamo in studio come eccessivo movimento articolare. Infatti nell’ultimo decennio, un’attenzione considerevole è stata data al controllo motorio per la valutazione e per il trattamento di numerosi disordini muscoloscheletrici. Le basi teoriche presupponevano che i cosiddetti “movimenti anormali” o “movimenti articolari eccessivi” potessero essere causativi e perciò predisporre le persone ad infortuni.
Un tipico esempio della propagazione di questo modello teorico si riflette nell’immensa ricerca scientifica rivolta alla cinematica dell’arto inferiore. Rotazione interna d’anca, ginocchio valgo ed eccessiva pronazione dell’arco plantare sono diventati i colpevoli di un ampio spettro di infortuni muscoloscheletrici assieme alla ridotta forza dei muscoli dell’anca. Comunque, sebbene queste caratteristiche possano essere presenti in diversi gruppi di pazienti con specifici disordini [6] ed in meccanismi traumatici [7], potrebbero non significare causazione!
Sappiamo infatti che gli interventi volti al controllo neuromuscolare potrebbero non cambiare il modo in cui si muove il paziente, ma potrebbero invece ridurre la sensibilità del tessuto ed aumentare la tolleranza al carico per una specifica azione o movimento. Inoltre, sono comunemente prescritti richiedendo attenzione verso una parte del corpo (piuttosto che al risultato del movimento), che è un focus interno che porta quindi ad uno scarso apprendimento motorio [8, 9]. Il fatto che vengano prescritti a bassi carichi ed alte ripetizioni potrebbe non portare ad un cambiamento del pattern motorio, ma ad una esposizione graduale, un apprendimento associativo [10] e anche ad accidentale aumento di forza [11].
Infatti diversi studi prospettivi e revisioni sistematiche hanno trovato discordanza tra cinematica dell’arto inferiore, forza dell’anca e dolore muscoloscheletrico [12-15]. Recentemente, sul suo blog, Peter Malliaras ha citato un articolo[16] dove l’aumentata forza d’abduzione d’anca era connessa a dinamico ginocchio valgo. Come la maggior parte dei lettori sa bene, Peter Malliaras pubblica settimanalmente revisioni di articoli sulle tendinopatie con le sue riflessioni e l’argomento della scorsa settimana era incentrato sui valori di forza dell’anca e la mid-portion Achilles Tendinopathy [17].
E’ infatti questa nuova ed entusiasmante ricerca sulle tendinopatie che sta cambiando il nostro modo di interpretare gli infortuni dell’arto inferiore. C’è infatti scarsa evidenza che la biomeccanica influenza le tendinopatie e come dichiarato da Professor Jill Cook “it is more about capacities” [18]. Sebbene parecchi ricercatori abbiano posto la loro attenzione al controllo neuromuscolare e alla forza muscolare, la forza esplosiva, la Rate of Force Development e la Potenza sono “capacities” che non possono essere ignorate quando valutiamo e trattiamo pazienti con infortuni dell’arto inferiore [19-21]. Il dinamometro può riflettere la forza e la resistenza , ma non può misurare la potenza[18]. Inoltre, il cosiddetto “transfer” tra guadagno in forza ed espressione di Potenza non è automatico [3, 22] e, come espresso da Rio et al. [23], in diversi soggetti sintomatici la piena forza è preservata.
Di conseguenza, un crescente numero di studi hanno investigato lo Stretch Shortening Cycle (SSC) e le Ground Reaction Forces (GRFs). Questo implica il concetto che l’arto inferiore è visto come una molla, la cui stiffness dipende primariamente della funzione della caviglia durante i salti e le attività che richiedono l’SSC [24]. E’ ben noto infatti, sebbene spesso sottovalutato, che il tricipite della sura è vitale in attività sportive che richiedono salti, corsa e cambi di direzione[25, 26].
Lo Spring Model considera l’arto inferiore come una molla, la cui stiffness è influenzata dalle sue component locali (ankle plantar flexors, knee extensors e hip extensors muscles), dal Sistema Nervoso Centrale [27], dalla presenza di patologia [28] e dalla fatica [4, 29].
Quindi l’intervento consiste nel raggiungere i valori “capacitativi” ottimali di ogni componente attraverso un’adeguata applicazione dei carichi mediante resistance training [3], in accordo con la tolleranza dei tessuti e i requisiti delle caratteristiche del gruppo a cui il paziente appartiene (es. runners vs nuotatori). Una volta raggiunte le ottimali capacità tissutali, lo specifico allenamento alla forza e alla Potenza mirato a migliorare la leg stiffness dovrebbe poi trasferire i guadagni di forza in attività che richiedono un rapido SSC. Infatti, questo specifico tipo di Riabilitazione è in grado di aumentare la Rate of Force Development, la performance del salto, la running economy ed allo stesso tempo aumentare la leg stiffness [19, 30-32].
Deve comunque restare chiaro che gli interventi a basso carico, come gli esercizi neuromuscolari, hanno ancora un loro posto in Riabilitazione se combinati ad un focus esterno [9].Per esempio, possono essere utili nel modificare la cinematica durante l’atterraggio [33]. Comunque, l’uso di questo intervento da solo non è sufficiente come espresso in questo articolo. I carichi e gli esercizi che non possiedono specifici parametri non possono raggiungere certi risultati.
Potrebbe quindi lo Spring Model aiutare noi ed i nostri pazienti verso un più completo intervento riabilitativo capace non solo di ridurre il dolore ma allo stesso tempo di migliorare le performance?
REFERENZE
1. Butler, R.J., H.P. Crowell, 3rd, and I.M. Davis, Lower extremity stiffness: implications for performance and injury. Clin Biomech (Bristol, Avon), 2003. 18(6): p. 511-7.
2. Debenham, J., et al., Eccentric Fatigue Modulates Stretch-shortening Cycle Effectiveness–A Possible Role in Lower Limb Overuse Injuries. Int J Sports Med, 2016. 37(1): p. 50-5.
3. Brazier, J., et al., Lower Extremity Stiffness: Effects on Performance and Injury and Implications for Training. Strength & Conditioning Journal, 2014. 36(5): p. 103-112.
4. Zadpoor, A.A. and A.A. Nikooyan, The effects of lower extremity muscle fatigue on the vertical ground reaction force: a meta-analysis. Proc Inst Mech Eng H, 2012. 226(8): p. 579-88.
5. Pruyn, E.C., et al., Relationship between leg stiffness and lower body injuries in professional Australian football. J Sports Sci, 2012. 30(1): p. 71-8.
6. Witvrouw, E., et al., Patellofemoral pain: consensus statement from the 3rd International Patellofemoral Pain Research Retreat held in Vancouver, September 2013. Br J Sports Med, 2014. 48(6): p. 411-4.
7. Walden, M., et al., Three distinct mechanisms predominate in non-contact anterior cruciate ligament injuries in male professional football players: a systematic video analysis of 39 cases. 2015. 49(22): p. 1452-60.
8. Benjaminse, A., et al., Optimization of the anterior cruciate ligament injury prevention paradigm: novel feedback techniques to enhance motor learning and reduce injury risk. J Orthop Sports Phys Ther, 2015. 45(3): p. 170-82.
9. Wulf, G., C. Shea, and R. Lewthwaite, Motor skill learning and performance: a review of influential factors. Med Educ, 2010. 44(1): p. 75-84.
10. Zusman, M., Associative memory for movement-evoked chronic back pain and its extinction with musculoskeletal physiotherapy. Physical Therapy Reviews, 2008. 13(1): p. 57-68.
11. Mitchell, C.J., et al., Resistance exercise load does not determine training-mediated hypertrophic gains in young men. Journal of Applied Physiology, 2012. 113(1): p. 71-77.
12. Rathleff, M.S., et al., Is hip strength a risk factor for patellofemoral pain? A systematic review and meta-analysis. Br J Sports Med, 2014. 48(14): p. 1088.
13. Heiderscheit, B., LOWER EXTREMITY INJURIES: IS IT JUST ABOUT THE HIP STRENGTH? The Journal of orthopaedic and sports physical therapy, 2010. 40(2): p. 39-41.
14. Bolgla, L.A., et al., Comparison of hip and knee strength in males with and without patellofemoral pain. Phys Ther Sport, 2015. 16(3): p. 215-21.
15. Hespanhol Junior, L.C., et al., Lower limb alignment characteristics are not associated with running injuries in runners: Prospective cohort study. Eur J Sport Sci, 2016. 16(8): p. 1137-44.
16. Bandholm, T., et al., Increased external hip-rotation strength relates to reduced dynamic knee control in females: paradox or adaptation? Scand J Med Sci Sports, 2011. 21(6): p. e215-21.
17. Habets, B., et al., Hip muscle strength is decreased in middle-aged recreational male athletes with midportion Achilles tendinopathy: A cross-sectional study. Physical Therapy in Sport.
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